di Mario Papadia
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Mario PapadiaPubblicato28 Aprile 2020
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APPUNTI E CRONACHE

La ripartenza in retromarcia

Al di là dei singoli elementi di critica provenienti da più parti al decreto governativo sulla cosiddetta "Fase 2", fatto di sminuzzature al limite del ridicolo, la sua inconsistenza sta soprattutto nella povertà prospettica per il futuro del Paese.

E ciò è inevitabile quando a legiferare sono criteri senza alcuna prospettiva se non quello di barcamenarsi alla bell'e meglio fra esigenze di non scontentare nessuno per finire di scontentare tutti, e sperando di attenersi fedelmente alle suggestioni di numerose e deresponsabilizzanti (per il Governo) "task force". 

Fu facile per il Governo decidere di chiudere tutto. Perché è sempre più facile proibire. E ci siamo tutti adeguati, con fedeltà oltre ogni previsione per la nomea di anarchismo che si attribuisce agli Italiani.

 

Ma ora nel momento in cui doveva dar prova di perspicacia e lungimiranza, questo Governo ha mostrato ancora una volta la sua povertà ideale e la carenza stupefacente di contenuti culturali che supportino il concetto di "bene collettivo" e il conseguente operare.

Il governo Conte, nel momento di dare impulso al rinnovamento del Paese, non ha saputo motivare gli Italiani, perché la prospettiva della ripresa che esso propone è quella di "tornare a fare le cose di prima senza ammalarsi", invece di comprendere che la "salute collettiva" comprende molti altri beni, quali la libertà, l'iniziativa imprenditoriale, gli scambi culturali, il benessere economico, la responsabilità nel comportamento sociale, l'ammodernamento delle strutture produttive, l'aggiornamento della scuola alla modernità, la diffusione in tutto il territorio delle infrastrutture digitali.

 

Ma ciò che manca e purtroppo continua a mancare è puntare sulla capacità di autodeterminazione dei cittadini, più che dilungarsi in infantili prescrizioni minuziose. Società più consapevoli come le tanto vituperate (e per certi aspetti a ragione) società del nord Europa hanno dimostrato e dimostrano che si può fare, purché chi ci governa non ci guardi come un asilo infantile (chiuso, oltretutto).    

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