Durante il recente Congresso della Società Italiana Counseling (SICo) mi sono buttato a tenere un incontro seminariale sul tema: "L'insopprimibile ottimismo nel fare Counseling".
In apertura ho citato il passo di un filosofo del secolo scorso, Isaiah Berlin, che dice: "Tra i frammenti di Archiloco c’è un verso che dice: “La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”. […]. Ma il verso può essere assunto, in senso figurato, a indicare una delle più profonde differenze che dividono gli scrittori, i pensatori e, addirittura, gli esseri umani in generale. Esiste infatti un grande divario tra coloro, da una parte, che riferiscono tutto a una visione centrale, a un sistema più o meno coerente o articolato, con regole che li guidano a capire, a pensare e a sentire – un principio ispiratore, unico e universale, il solo che può dare un significato a tutto ciò che essi sono e dicono –, e coloro, dall’ altra parte, che perseguono molti fini, spesso disgiunti e contraddittori, magari collegati soltanto genericamente, di facto, per qualche ragione psicologica o fisiologica, non unificati da un principio morale o estetico. Le persone di questa seconda categoria conducono esistenze, compiono azioni e coltivano idee che sono centrifughe piuttosto che centripete, e il loro pensiero è disperso o diffuso poiché si muove su molti piani, coglie l'essenza di una vasta varietà di esperienze e di temi per ciò che questi sono in sé, senza cercare, consciamente o inconsciamente, di inserirli in (o di escludere da) una visione unitaria, immutabile, onnicomprensiva, a volte contraddittoria e incompleta, a volte fanatica."
Da questa considerazione partiva tutto un mio ragionamento che il counseling è "volpe". Counselor, infatti, è un/una professionista consapevole che gli umani hanno risorse e potenzialità recessive e notevoli capacità di adattamento che vengono fuori solo quando è necessario o quando si decide o è aiutato a farlo. Ed è "volpe"perché persegue molti fini (della persona), accetta la contraddizione, non si assume un compito etico, si muove su molti piani, coglie l’essenza delle esperienze, non cerca una visione unitaria e immutabile